Non c’è niente di più evocativo di una fotografia. Talmente autentico da farmi tornare con la mente all’ istante in cui l’ho scattata.
Una bella immagine è qualcosa che non mi stanco mai di guardare, una gioia che mi invita a rifare le valigie.
La fotografia è di per sè, ciò che più si avvicina all’ intento di afferrare un attimo per farlo durare più a lungo.
Avete presente quando siete dentro ad una situazione, avvolti in quelle emozioni dove tutto è perfetto?
Quando pensate “vorrei che questo attimo non finisca“?
Quando il quadro in cui siete, i colori, gli odori, i rumori sono talmente vivi che voi stessi nella vostra mente non avreste potuto dipingerli meglio?
Quel “click” della mia reflex trattiene questi momenti come farei chiudendo il palmo della mano per fermare la sabbia che scorre tra le dita.
Una di queste situazioni idilliache, nei miei ricordi, è Marrakech.
Una città caotica e pacifica al tempo stesso, puzzolente e profumata.
Una sollecitazione sensoriale continua e totale.
In viaggio come nella quotidianità, osservo attentamente la gente che mi circonda. La guardo e non posso fare a meno di immaginarmi qualcosa in più.
Quando sono in un paese che non conosco è tutto amplificato: mi affascinano le culture diverse dalla mia. Perché proprio quell’ usanza, quel modo di fare?
A New York, guardo il ragazzo che torna a casa in metro dopo gli allenamenti di baseball e penso a quanto differente potrà essere la sua adolescenza da quella che sta vivendo un suo coetaneo italiano.
E mentre lo osservo, mi tornano in mente quei bambini, di poco più piccoli di lui, che giocavano tra le reti da pesca ad Essaouira.
Ricordo di aver frugato con un’ insaziabile curiosità tra le fotografie d’epoca gettate nelle ceste dell’ Hell’s Kitchen Flea Market di New York.
Probabilmente delle immagini insignificanti per molti, ma rovistando tra quelle vecchie foto io mi sentivo entusiasta come nel film “Il Favoloso Mondo di Amèlie“.
Adoro i mercati delle pulci e quelli dell’ antiquariato; amo ogni sorta di collezione, di anticaglia o di ricordo arrivati fino a lì in chissà quale modo.
Penso che ad ognuno di noi venga spontaneo immaginarsi quello che può esserci dietro ad un’ immagine, soprattutto se i soggetti sono persone.
Quanto sarà diversa la storia che ognuno di loro ha da raccontare? Quanto della loro quotidianità sarà dettato dall’ ambiente in cui sono nati ed in cui si ritrovano a vivere?
La bellissima poesia che Rubèn Blades ha scritto mi accompagna dal termine del mio primo viaggio, a Zanzibar.
Da quando ho letto queste parole le ho fatte mie e le porto con me dovunque io vada, sempre.
Credo siano la ragione racchiusa dentro ogni mio viaggio, oltre all’ input per ogni scatto.
E le voglio condividere con voi:
Camminando si apprende la vita, camminando si conoscono le cose.
Cammina guardando una stella, ascoltando una voce, seguendo le orme di altri passi. Cammina cercando la vita, curando le ferite lasciate dai dolori.
Si possono percorrere milioni di chilometri in una sola vita senza mai scalfire la superficie dei luoghi nè imparare nulla dalle genti appena sfiorate. Il senso del viaggio sta nel fermarsi ad ascoltare chiunque abbia una storia da raccontare.
Complimenti per le immagini, la capacitá di cogliere l’attimo non é da tutti 🙂
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Grazie mille Claudia! 🙂 non ci riesco sempre, ma ci provo… 🙂
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condivido ogni singola parola. Il miglior souvenir al ritorno da un viaggio è sempre la fotografia 🙂
Grazie per queste belle immagini 🙂
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La reflex è l’ estensione della nostra mano… Grazie a te per essere passata. 🙂
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